“Ma le proteine?” is the new “E le foibe?”

seitan

Autoprodurre il SEITAN: le gemelle siamesi, i demoni giapponesi e i rosa elefanti della Disney.

Delle avversità e delle reazioni del mondo, alla comunicazione (non sempre richiesta, ma spesso sollecitata) che non mangio carne e non mangio pesce, ne abbiamo già parlato.

Delle banalità di una e dell’altra fazione pure. Non vorrei davvero tornare sull’argomento, ma è da mesi e mesi che ho delle foto dei miei esperimenti di seitan fatto in casa nel pc, che rivendicano una vita.

Perché fare il seitan fatto in casa? Per una ragione semplice e incontestabile: quello pronto costa troppo. E basta cazzo, non se ne può più di questa logica radicale-buonista-borghese che mi deve far pagare una finta mozzarella grossa come la cacca di un Beagle costipato, manciate e manciate di euri.

Basta con questa cosa che se faccio certe scelte devo essere disposta a pagarne le conseguenze. Il prezzo dei prodotti biologici, etici e surrogati dei derivati animali – per me – è come la targhetta terrorista sul pacchetto di sigarette che ti dice che se fumi muori male.

rokurokubiNo… è peggio. Perché a morir male si fa sempre e comunque in tempo in svariati modi, ma quando ti trovi alla cassa del NaturaSì o simili e spendi l’equivalente di dieci spese al discount, per tre stronzate che imitano altre stronzate, tipo wurstel, mozzarella per la pizza e cotolette di segatura e cartillagini di pollo… beh, ti senti stupido all’ennesima potenza. Ti vien voglia di prenderti a testate da sola, se fosse possibile. Fossi quelle gemelle americane che hanno un corpo e due teste, potrei farlo. Ma sono nata con una sola testa e la cosa mi risulta più difficile. Non sono le gemmelle Hensel e non sono neanche un Rokurokubi, lo yokai della mitologia giapponese a “forma” di donna, ma col collo lunghissimo. Perché se lo fossi, un rokurokubi intendo, potrei allungare il collo e picchiare forte e duro la testa sulle quattro parete perimetrali del NaturaSì di turno fino a perdere conoscenza, ma no… non sono neanche un demone giapponese. Sono una povera stronza senza lavoro, che non vuole mangiare carne o pesce e cerca di evitare i latticini (mi fanno gocciolare il naso e mi fanno venire il raschietto alla gola) e che non si può permettere di fare la spesa etica-biologica-veganfriendly al NaturaSì o simili.

A proprosito di raschietti alla gola e tornando a bomba alle sigarette… ho iniziato a fumare in giovanissima età perché volevo la voce di Courtney Love. Dopo oltre dieci anni di tabagismo, ho smesso da più di un anno (un anno e mezzo o giù di lì) e ho messo su otto chili, che si sono cementificati tra l’addome e i quattro arti. Non ho comunque la voce di Courtney Love e sembro un pollo di gomma con le braccia di… Candance Kucsulain. Ma senza avere ne’ la forza ne’ i quattrini. Insomma.. comunque vada, sbaglio sempre qualcosa; una decade di soldi buttati e sbuffi tumorali per nulla. In compenso però non sono mai diventata quel tipo di ex-fumatore, che tedia gli altri fumatori su quanto sia stupido fumare. Cioè… già sono vegetariana, direte voi… se poi mi devo pure attaccare anche al fumo, risulterei oltremodo sgradevole. Ah…

candance
Candance ridefinisce il concetto di femminilità

Ed è qui il focus di questa intro infinita. Gente che fuma roba tumorale e puzzolente, beve superalcolici scadenti, usa zucchero raffinato, mangia prodotti industriali carichi di cose schifose che per nome hanno dei codici, pippa la speed o si impasticca coi diserbanti, supera in curva, guida sbronza, brucia i semafori, non fan sport, abita a Milano o sulla tangenziale e… e…. quando dici che sei vegetariana, loro ti chiedono: MA LE PROTEINE?!?

Eccoli… eccoli che s’improvvisano nutrizionisti, salutisti, scienziati e crocerossini del mio benessere. Eccoli, che all’improvviso hanno ben chiaro in testa quante proteine, quante fibre e quanti lipidi bisogna assumere nell’arco di una giornata e di quanto non si debba eccedere in zuccheri. Eccoli… con le loro tabelle alle mani, pronti a sciorinare quanto siano importanti LE PROTEINE.

Per loro e per tutti ecco la mia ricetta del seitan fatto in casa.

Se avete i soldi per comprare la farina di glutine, vi rimando a questo post che ho scritto per Dissapore.

Se non avete i soldi per comprare il composto specifico per fare il seitan (poco meno di tre euri per una manciatina al NaturaSì), comprate la farina di Manitoba. Non si trova ovunque. Io ho dovuto girare tre posti e finire all’Esselunga (58 cent al chilo).

seitan fatto in casa

Ingredienti:

Per il seitan

Farina di manitoba (1 kg)

Acqua del rubinetto (1/2  litro circa)

Spezie a piacere (sale, pepe, paprika dolce, misto per arrosti)

Per il brodo

Acqua, carote, sedano, cipolla, aglio, salsa di soia, dado vegetale, alga kombu se c’è… altrimenti fa nulla. Insomma quello che usate per fare un brodo molto saporito… mica il brodino scialbo per ripigliarvi dagli stravizzi etilici e sintetici del week-end, massa di sfascioni che non siete altro.

Per la marinatura

Brodo di cottura + altra salsa di soia e salsa Barbecue ultra affumicata della Jack Daniel’s (che non è per nulla discount, ma diamine…)

Per il condimento

(vedremo…)

TO DO LIST

Fare una palla con la farina di manitoba e l’acqua. Metterla in una scodella di acqua fredda e metterla in frigo per almeno mezz’ora. Non siate frettolosi. Più riposa e più sarà facile il processo di lavaggio che è il vero smaronamento del seitan fatto in casa.

Intanto che la palla d’impasto riposa, fate il brodo.

Prendere la palla ammollo dal frigo e spostarsi nel lavandino e cominciare a palpeggiare, sprimacciare, strizzare, mescolare il composto bagnaticcio. Cambiare l’acqua della scodella spesso e volentieri. Potete usare anche l’acqua corrente, ma contando che ci vogliono dai 30 ai 45 minuti per terminare il processo, la vostra impronta karmica in fatto di consumo dell’acqua del mondo non vi lascerebbe scampo.

Alla bestia non ci piacciono le fettine di seitan impanate.
Alla bestia non ci piacciono le fettine di seitan impanate.

Procedete alla tortura dell’impasto sott’acqua, fino a quando quest’ultima non sarà cristallina. Succede prima o poi. Lo so che sembra inifinito, ma succede. Lo giuro. Ma non barate! Non mentite a voi stessi. Davvero. Portate pazienza e sciacquate, impastate, sciacquate e impastate fino a quando non viene via tutto l’amido. Se barate vi ritroverete una roba gommosa e schifosa da gestire.

Fatto ciò, prendete la roba collosa e giallina che rimane (quelle son TUTTE PROTEINE!) e procedete alla cottura. Come? Ci sono due vie. Quella fascista e quella neo-ruralista e orrorifica, come sono orrorifiche le tre fiere selvatiche dell’inferno Dantesco.

VIA FASCIA

Speziate a piacimento il blob e fategli prendere una forma un po’ allungata tipo francesino molle. Prendete uno strofinaccio pulito. Metteteci dentro il francesino molliccio, avvolgetelo tipo caramella e legate le estremità con uno spago. Buttatelo così incartato nel brodo rovente.

VIA ORRORIFICA E LIBERTARIA

Speziate a piacimento il blob e fategli prendere una forma un po’ allungata tipo francesino molle, dopodiché buttatelo così com’è nel brodo rovente. Fate cuocere circa 45 minuti. Contate che così il seitan si espanderà senza seguire un canovaccio preciso e tenderà ad assomigliare ad un cervello bollito. Un mio amico mette nel brodo le carotine nere (quelle che usa la Muller per colorare lo yogurt alla fragola). Il seitan così acquisisce un gentile colorino tipo tantum rosa. Tutto molto bello. Direi che non è male come idea… se invitate gente a cena, potete dire che servirete uno spezzatino di rosaelefanti, per esempio. Neanche il vegano-vegetariano animalista più convinto obietterà della vostra scelta. Quegli stronzi di elefanti lisergici hanno traumatizzato una manciata di generazioni. Meritano di morire.

Una volta fatto ciò, non rimane che pescare il seitan dal brodo (non scolatelo, che il brodo serve a noi e mica allo scarico del lavandino). Liberate il seitan dal fascio canovaccio – se lo avete usato – e tagliate a metà per assicurarvi che sia ben cotto.

Se l’interno ricorda una big babol masticata e sbiadita (come cacca di cane all’aere) vuol dire che non è pronto. Ributtatelo dentro così com’è e aspettate.

Quando è cotto per davvero, aspettate un po’ che si raffreddi e procedete all’affettamento in base a ciò che andrete a fare. Fette, tocchetti, rombi… quello che volete! Riponete in un coso col coperchio, ricopritelo col brodo di cottura e cercate su google una ricetta. Alcune idee…

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Coi friggitelli al limone.

Infarinate leggermente, buttate in padella con olio e friggitelli. Coprite con un coperchio. A fine cottura aggiungere sale e limone.

Con le zucchine, il pomodoro e il peperoncino – tipo spezzatino

Fate un soffritto di aglio, cipolla e carota. Fate rosolare il seitan a tocchetti. Aggiungete zucchine a dadini, pelati. Quando le zucchine sono belle mormide aggiungete il peperoncino o speziate a piacere.

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Con le cipolle borettane, l’uvetta e le patate.

20131109_213349Friggete il seitan in olio di arachidi e/o girasole. Nel frattempo fate andare in forno con zucchero, aceto e sale le cipolle fino a quando non sembrano cotte. Cioè… assaggiatele. Unire il seitan fritto e dell’uvetta precendetemente ammollata in acqua e delle patate cotte al vapore (o al forno o lesse). Terminare la cottura nel forno fino a quando il seitan e le patate non sono dorate. Aggiungere un po’ di brodo di cottura se necessario.

E poi boh… insomma. Divertitevi e che diavolo. Ve lo meritate. Sì, dai…

by on 12 Novembre 2013
Valeria nasce un lunedì di pioggia del novembre del 1982 a Varese. Diventa "Valeria Disagio" sull'orlo estremo tra l'adolescenza e l'età adulta. Ha esordito giovanissima con il romanzo "Casseur: la lotta, l'ebbrezza e la Città Giardino". Poi ha perso parecchio tempo nella precarietà del lavoro e nell'inquietudine politica. Ha scritto molti racconti, pamphlet e poesie. Nel 2019 sono usciti i due romanzi "I mortificatori" per Agenzia X e "Brucia le vecchia" edito da Bookabook. Ha gestito un blog - da cui è nato il libro "Discount or die" edito dalla Nottetempo - ha curato fanzine, cantato e sbraitato. Ha intenzione di continuare a fare tutto questo.

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Valeria nasce un lunedì di pioggia del novembre del 1982 a Varese. Diventa "Valeria Disagio" sull'orlo estremo tra l'adolescenza e l'età adulta. Ha esordito giovanissima con il romanzo "Casseur: la lotta, l'ebbrezza e la Città Giardino". Poi ha perso parecchio tempo nella precarietà del lavoro e nell'inquietudine politica. Ha scritto molti racconti, pamphlet e poesie. Nel 2019 sono usciti i due romanzi "I mortificatori" per Agenzia X e "Brucia le vecchia" edito da Bookabook. Ha gestito un blog - da cui è nato il libro "Discount or die" edito dalla Nottetempo - ha curato fanzine, cantato e sbraitato. Ha intenzione di continuare a fare tutto questo.

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