Sangrìa Don Simon del Todis:
Non è tempo di Alegrìa…
Nome: Don Simon
Dove: Todis
Prezzo: sotto i 2€.
Giudizio: 3/5
Questa mattina mi sono svegliata ed era autunno. Finalmente. Perché non c’è niente di più brutto di rimanere senza lavoro quando fa caldo e c’è quel clima festivo di nudità, vestiti sgargianti, frutti succosi e social network sommersi di gente che fa i bagagli e posta linguine ai frutti di mare con Instagram e foto in bikini in paradisi tropicali. No, non va bene. Che se si deve perdere il lavoro è bene farlo quando il cielo è plumbeo, l’umidità al 99% e i temporali sono catastrofi. Quando gli “altri” sono tornati a lavoro e hanno voglia di tagliarsi le vene con le risme di fogli A4 della fotocopiatrice. Ecco… questo è il momento preciso per perdere il lavoro e cogliere l’aspetto positivo dello stare a casa, col gatto che fa le fusa sulle gambe, fare il fantomatico “cambio dell’armadio” che sono quelle cose che fanno alcune donne senza alcuna ragione apparente, come lavare le tende o i vetri delle finestre o, addirittura, stirare.
Entrare insomma nell’ottica che forse, perdere il lavoro proprio nel momento in cui avevi cominciato a voler bene ai tuoi colleghi e a non vergognarti di mangiare in loro presenza (non sono la sola – ho scoperto – ad avere questa sindrome e lungi da me l’avere disturbi alimentari di qualsiasi tipo, sia ben inteso. Si tratta di un disturbo sociale piuttosto e anzichenò*), non sia necessariamente un male.
*”Piuttosto e anzichenò” è un’espressione ricorrente di Lord H.G. Well, un personaggio di Dylan Dog ispirato all’omonimo scrittore di fantascienza. Se non avessi scritto “anzichenò” non mi sarebbe tornato alla mente. Segno che forse, visto il tempo a disposizione, dovrei dedicarmi alla rilettura di tutti i primi 300 numeri di Dylan Dog, collezionati da me e mio padre negli ultimi quindici-vent’anni. Ah, i pregi della disoccupazion! Ah!
Riassumendo.
Ti svegli ed è autunno, non hai più un lavoro e i tuoi gatti ricominciano a manifestare dell’affetto nei tuoi confronti, dopo aver passato mesi spiaggiati all’ombra della siepe per resistere al caldo.
Ti autoconvinci che l’autunno sia la stagione migliore per perdere il lavoro e pensi a tutte le cose belle dell’autunno e intanto che lo fai, apri il frigo e trovi una bottiglia di SANGRIA DON SIMON!!!
‘Fanculo. Sulla confezione di plastica colorata che riproduce TUTTIFRUTTI c’è pure scritto “Alegrìa!”
Crepa Sangria Don Simon. Crepa!
Guardo la confezione della Sangrìa, così oscenamente estiva e fresca e le due “S” di “Sangrìa” e “Simon”, all’improvviso s’irrigidiscono, si acuminano fino a diventare le orribili e criminali “SS” della Sutzstaffel nazista. Dall’altra parte, opposta alla scritta “Alegrìa”, la Sangrìa Don Simon fa pure vanto della sua presunta supremazia alcolica, autodefinendosi “#1 Sangrìa in the world“.
La rabbia dentro di me, sale e pompa fino a farmi ringhiare e urlare come solo i gatti incazzati sanno fare…
Ho voglia di distruggere. Ho voglia di far del male. Ho voglia d’incendiare ogni singolo vigneto spagnolo.
Crepa Sangrìa, crepa Spagna, crepa alegrìa.
E ti bevo Sangrìa, come segno di disprezzo, ti bevo così poi ti piscio, orrenda sangrìa. Ecco cosa farò. Finirai nel cesso.
…ed è buona. Fresca e dolce. E mi fa pensare al mare. A quando sei in spiaggia e arriva il tramonto. Le famiglie se ne vanno via e tu rimani sola, coi vecchi sulle loro seggioline hi-tech a guardare il sole e un po’ sei felice e melanconica. Quella dolce tristezza che m’accarezza la lingua e scende soave, giù per la gola, ed è buona, diamine. Sì, va bene, la sangrìa che facevo con le mie amiche ai tempi dell’università era più buona (5 litri di vino, una bottiglia di vodka alla pesca, una bottiglia di spumante e la fonda di tutte le bottiglie di superalcolico trovate in casa + cannella + chiodi di garofano, scorze d’arancia e frutta come se non ci fosse un domani). Ricordo che la versavamo dentro alle taniche trasparenti e la si beveva direttamente da lì. Ogni tanto s’incastrava la frutta nel foro d’uscita e quando si liberava, venivamo sommerse di Sangrìa fino all’ombelico. Ah… i vent’anni. Le nottate al lago. I tuffi di notte in mutande perché non avevamo portato il costume… Ah, Goran Bregovich e Manu Chao.