Osé: Il pane è osceno.

Pani, pizzetti e focacci Osé

Il francese è una lingua orribile. Quando i francesi parlano sembra che stiano vomitando. Eppure da decenni continua ad essere usato impropriamente per dare un presunto senso di eleganza, cultura e classe a robe pseudo-artistiche concettuali di sedicenti artisti concettuali a tutto tondo, che usano l’artificio dell’essere naif per fare tutto e farlo male.

Lo spagnolo invece è la lingua dell’impegno sociale e politico. Colpa di Che Guevara forse. E ogni tanto penso che se è a causa sua, che lo spagnolo ha acquisito tale attribuzione, sarebbe stato mille volte più carino se dall’Ernesto si fosse ereditato chessò… l’asma e la balbuzia. Sai che ridere? Un mezzo secolo di comizi e discussioni teoriche e slogan ed ideologie, ba-ba-balbettati e interrotti da spruzzate kollettive di Ventolin. Ma purtroppo non è stato così. I fatti invece hanno imposto lo spagnolo come lingua dell’impegno politico gaio. Quello dei sandali e delle collanine di legno e della gente che va in giro col pigiama, per intenderci. Quello dei bonghi e delle sigarette che fanno ridere. Quello delle mail che iniziano con un “hola” e finiscono con “abrazos”.

Quel tipo di impegno che, quando fai una domanda, tipo: “l’hai preso l’ultimo CD di Roy Paci – Vinicio Capossela?” o “Hai sentito che ridere – ma con impegno – l’ultima dichiarazione del sommo giullare nonché maestro – iddio ci scampi dalla sua morte – Dario Fo, durante l’occupazione (bellissima e artisticissima, ma non poltica…. puah… pussa via politica) di MACAO?” lui risponderà: “CLARO QUE SÌ”

E che niente hanno a che fare coi seriosi anarchici. Poiché la loro lotta è gioia e le loro manifestazioni sono delle bellissime feste.

E un po’ come l’accento siculo che, ahinòi, continua ad essere usato per suggerire una certo atteggiamento mafioso (ignorando che forse adesso l’accento più appopriato sarebbe quello milanese), per qualche strana ragione, a lingue e accenti, vengono attribuite determinate peculiarità.

Basta andare in Asia, per esempio, per far sì che tutto questo sia dannatamente esplicito. Il francese è elegante e di lusso, lo spagnolo è divertente e rustico, l’italiano è buono e genuino e il tedesco è filosofo e/o nazista. Non importa dunque se – tornando all’incipit – obiettivamente quando un francese parla sembra stia lottando contro un conato di vomito. Rimane da capire però, perché i produttori di pane, focacce e pizzette distribuite dalla Lidl, abbiano scelto “Osè” come nome.

Osé (con l’accento grave): traducibile come “audace”, ma anche piccantino, sexy e un po’ porno. E quindi no, dubito che abbiano scelto “Osé” per il senso attribuito in italiano. Allora andiamo a vedere il francese…

Osé: égrillard · coquin · fripon · gaillard · érotique · libertin · leste · grivois · éhonté · insolent · impudent · effronté · impudique · audacieux · hardi · cynique · graveleux · obscène · grossier · croustillant

(Avete appena letto i nomi dei profumi che l’industria cosmetica lancerà sul mercato nei prossimi vent’anni, tra un avvelenamento di un coniglio e l’accecamento di un altro.)

No, ancora no…. non ci siamo. C’è qualcosa che non mi torna. Nessuno dei lemmi di cui sopra può essere associato ad una focaccia. Buona, eh! C’è quella bianca classica, sofficissima e ideale da farcire. Si riesce persino a tagliare in due nella sezione trasversale senza far troppi danni. Il costo si aggira in quell’oceano di possibilità che va dai 50 centesimi all’euro. Credo più vicino all’euro, con la tedesca (filosofa e/o marziale) precisione del 0,99 €.

Che eccelsi teorici del marketing m’hanno spiegato che non è che mettono chessò… 9,99 € perché così a te ti sembra che costi 9  e non 10.

E no, non è neanche perché se lo guardi da sotto a sopra, puoi leggere 666 il numero della Bestia. No, lo fanno perché (e ditemi se non avete mai sentito una giga-mega-puttanata più puttanata di questa) il 9, con la sua rotondità ricorda cose tonde, soffici e rassicuranti come il grembo materno da cui siete nati, il super Tele con cui giocavante da bambini e poi le tette e le chiappe con cui giocate da grandi. Cosa ricorda invece alle donne? Che diavolo ne so. A me ricorda quel nove che non sono mai riuscita a prendere a scuola (una volta però ho preso otto in un tema su Machiavelli).

Oltre alla focaccia semplice c’è quella alle olive e badate bene che merita perché:

1) le olive sono nere!

2) le olive sono triturate e mischiate nell’impasto. Mica come certe focacce che hanno quattro olive appassite sulla superfice che rotolano rovinosamente per terra, appena si superano i 10 gradi di inclinazione.

E poi c’è la pizzetta pugliese coi pomodorini e le olive nere! Abbiamo già parlato in passato dell’annosa questione del formaggio sulle pizzette… E quindi non posso che apprezzare il fatto che l’Osé abbia deciso di rinunciare in partenza al formaggio e che mi faccia una  buonissima e veganissima pizzetta rossa al pomdoro e olive, che scaldata risulta davvero ottima.

E poi c’è il pane… ma non mangio pane. Cioè lo compro se devo invitare gente a cena o se devo cucinare per un’orda di militanti di uno spazio autogestito / centro sociale per una aperitivo benefit, i cui fondi verranno destinati alla cura della zampa di un tacchino giurassico grosso come un maiale che fa brutto alla gente. Allora sì. Compro parecchio pane Osé pugliese per farci le bruschette.

Ma tornando al senso di tutto ciò, se un senso ce l’ha, è che continuo a non capire perché diamine si possa decidere di chiamare Osé una linea di prodotti derivanti dalla sublime arte delle panificazione. E poi, insomma – lo ammetto – ogni volta che passo davanti al banco dei prodotti Osé della Lidl, non posso fare a meno di immaginarmi un jingle pubblicitario che recita: “Compra Osé, il pene è vita!”

E mi sento stupida e rido da sola. E mi vergogno.

Abrazos.

p.s. un minuto di silenzio per la bigottissima Nintendo che ha avuto l’oscena (e qui ci sta) idea di creare e commercializzare il seguente video-gioco nonché spot che mi fa accapponare la pelle.

by on 6 Novembre 2012
Valeria nasce un lunedì di pioggia del novembre del 1982 a Varese. Diventa "Valeria Disagio" sull'orlo estremo tra l'adolescenza e l'età adulta. Ha esordito giovanissima con il romanzo "Casseur: la lotta, l'ebbrezza e la Città Giardino". Poi ha perso parecchio tempo nella precarietà del lavoro e nell'inquietudine politica. Ha scritto molti racconti, pamphlet e poesie. Nel 2019 sono usciti i due romanzi "I mortificatori" per Agenzia X e "Brucia le vecchia" edito da Bookabook. Ha gestito un blog - da cui è nato il libro "Discount or die" edito dalla Nottetempo - ha curato fanzine, cantato e sbraitato. Ha intenzione di continuare a fare tutto questo.

About Valeria Disagio

Valeria nasce un lunedì di pioggia del novembre del 1982 a Varese. Diventa "Valeria Disagio" sull'orlo estremo tra l'adolescenza e l'età adulta. Ha esordito giovanissima con il romanzo "Casseur: la lotta, l'ebbrezza e la Città Giardino". Poi ha perso parecchio tempo nella precarietà del lavoro e nell'inquietudine politica. Ha scritto molti racconti, pamphlet e poesie. Nel 2019 sono usciti i due romanzi "I mortificatori" per Agenzia X e "Brucia le vecchia" edito da Bookabook. Ha gestito un blog - da cui è nato il libro "Discount or die" edito dalla Nottetempo - ha curato fanzine, cantato e sbraitato. Ha intenzione di continuare a fare tutto questo.

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