Birra Sanwald, tra fede, scienza e ignoranza

sanwald

Sanwald: la Hefe Weizen ignorante del Penny Market

sanwald photoCosa: birra hefe weizen

Nome: Sanwald

Dove: Penny Market

Costo: 0,59 € per mezzo litro

Giudizio: 3,5 / 5

Quando un amante di Birre Ignoranti, posto di fronte agli scaffali di un discount, si accorge di una new entry della categoria, reagisce un po’ come una shopaholic che durante i saldi trova un bellissimo abito scontato dell’80% esattamente della sua taglia. Intendiamoci, non che ne sappia molto di shopaholic o che critichi la categoria stessa (il mio massimo contatto con il concetto di “shopaholic” era un libro della Kinsella che la mia ex teneva sul comodino…), solo trovo che la reazione sia molto simile. E che si possa definire in poche e semplici sintomatologie, scrupolosamente studiate dal professor Dinkelacker dell’Università di Stuttgart (Stoccarda, ma detta alla tedesca fa molto più “tecnico”), Germania. Il buon professor Dinkelacker, infatti, notava come le reazioni di una shopaholic incappata in uno sconto clamoroso fossero molto simili a quelle di un bevitore di Birre Ignoranti trovatosi ad avere a che fare con una nuova proposta birresca nello scaffale del discount di turno. La sequenza delle reazioni, come può ben esplicitare il PPD (“Primo Postulato di Dinkelacker”), si risolve in questi termini:

– Stupore (spesso preceduto da una generica distrazione data dalla consuetudine dell’atto).

– Incredulità (che comporta uno stropicciare degli occhi e numerosi movimenti oscillatori delle palpebre).

– Diffidenza (-Sicuramente sarà la solita birra, ma con un packaging diverso!-, cui andrebbe aggiunto l’intercalare preferito di mia nonna, ovvero -no i sa pi cossa inventarse!- che, tradotto dal dialetto veneto, suonerebbe come -non sanno più cosa inventarsi!-. Rivolto a un generico “loro” al quale, da decenni, cerco di dare collocazione).

– Accettazione (dopo le dovute verifiche alle etichette di legge, il soggetto inizia ad accettare l’idea di essere di fronte ad una new entry vera e propria. Solitamente, arrivati a questo punto, partono i sudori freddi e la tachicardia).

– Difesa del territorio (il soggetto si posiziona fisicamente tra l’oggetto in questione e possibili, indesiderati, acquirenti, sfoderando un’espressione da folle da far impallidire il Joker di Heath Ledger).

– Manie di possesso (-Ne voglio una cassa!-, -No, un carrello!-, -No, un bancale!-, -Lancio un’OPA per acquistare la fabbrica!-).

– Crisi mistiche (con annessi ringraziamenti a San Franziskaner che, non me ne vogliano quelli di Pointifex, ma è chiaramente un avo di Papa Bergoglio. Prova provata che sì, che la reincarnazione esiste. Sotto forma di birra, ovviamente).

– Fuga (il soggetto è seriamente tentato dal fuggire con il maggior numero di Birre Ignoranti, abbandonando ogni convenzione sociale, politica e lavorativa, così da tuffarsi nella degustazione solitaria delle stesse).

Inutile dire come ogni buon bevitore di Birre Ignoranti abbia avuto almeno una volta nella vita occasione di verificare come il PPD funzioni in ogni suo punto. Tuttavia il buon professor Dinkelacker, dall’alto del suo razionalismo cartesiano, non si limitò a basarsi su scialbe e non scientificamente provate testimonianze (alla “Roberto Giacobbo”, per intenderci, il quale pensa ancora che le Birre Ignoranti siano un dono degli extraterrestri toltechi incrociati con gli atlantidei, per mezzo del Patto di Varsavia stretto sul triangolo delle Bermuda), bensì decise di spingere le sue ricerche più in là, dando loro valenze accademiche inattaccabili. Così, reclutato un certo numero di Bevitori Ignoranti nella natia Stuttgart (qui si va di lessico “tecnico”, ve l’ho già detto…), il buon Dinkelacker iniziò ad osservare i loro comportamenti in occasione della scoperta di una nuova Birra Ignorante, verificando così la bontà delle sue teorie. Va da sé che il buon professor Dinkelacker, come si addice ad ogni cartesiano, testò su se stesso la validità delle proprie tesi, iniziando così a coltivare in tarda età una sana passione per le Birre Ignoranti. Fedele, però, al motto di Calvino (Italo, non Giovanni…) secondo cui “I classici sono quei libri di cui si sente dire di solito: -Sto rileggendo…- e mai -Sto leggendo…-”, il caro Dinkelacker coniò il postulato “Le Birre Ignoranti sono quelle birre di cui si sente dire di solito: -Sto ribevendo…- e mai -Sto bevendo…-”.

La storia, inutile dirlo, finì con il buon professor Dinkelacker che, nel tentativo di dimostrare alla comunità scientifica internazionale la bontà delle proprie tesi, sviluppò un alcolismo nemmeno troppo latente. Il quale, in breve tempo, lo portò “al di là della barricata”. Ovvero dalla parte dei simpatici e divertiti Bevitori Ignoranti di Stuttgart, che iniziarono a venerarlo come un consumatore di droghe psichedeliche può venerare Timothy Leary. Lunga è la via della scienza e, per il buon professor Dinkelacker, costellata di Birre Ignoranti.

In ogni caso, la storia del buon professor Dinkelacker era solo un pretesto per parlarvi della Sanwald, ignorantissima Hefe Weizen tedesca, apparsami magicamente negli scaffali del Penny Market il giorno prima di Pasqua di quest’anno. E vissuta secondo gli otto punti del PPD, nessuno escluso. Si parte da un generico stupore nel notare una nuova lattina gialla, la cui immagine chiaramente riproduce un Bevitore Ignorante intento ad abbordare una donzella vestita nei tipici abiti bavaresi. Sullo sfondo una bucolica tavolata di altri tre Bevitori Ignoranti, intenti a trincare un bel boccale di Sanwald, assolutamente incuranti del “baccaglio” selvaggio che si sta consumando di fronte ai loro occhi. Così, di primo acchito, la felicità incredula di trovare una Birra Ignorante che inneggi al baccaglio alcolico viene stemperata dalla diffidenza di fondo. Perché no, perché proprio è impossibile non mi sia mai accorto della Sanwald! Di certo si tratterà di un re-packaging di qualche vecchia gloria del Penny Market. Magari il rifacimento della mitica e sgasatissima Valentins, unica weizen al mondo capace di restare piatta anche dopo essere stata scossa volontariamente per una decina di minuti. Verificato che la Sanwald non è affatto la Valentins bensì un’inaspettata new entry nel mio campionario personale di Birre Ignoranti, arriva il momento della serena accettazione, sancita dai tanto desiderati sudori freddi e dalla tachicardia dolce. Perché se quando si è innamorati si sentono le farfalle nello stomaco, quando si è in fissa di Birre Ignoranti parte la fermentazione alcolica simulata, e davvero ti sembra di sentire il Saccharomyces cerevisiae e il Saccharomyces carlsbergensis fare a pugni nello stomaco manco Tyler Durden in Fight Club. Appurato ciò, il concetto diventa uno e uno soltanto: la Sanwald deve essere mia! E poco importa se nello scaffale del Penny Market ce ne siano quanto meno dieci casse (e chissà quanti bancali in magazzino), la terribile verità è che si può diventare gelosi anche delle Birre Ignoranti. E così la massaia che, ignara, cammina a pochi passi da voi in cerca del detersivo per piatti del discount (quello che non sgrassa nemmeno le stoviglie già pulite) diviene una potenziale concorrente e nemica, spingendoti a fare scudo umano tra la Sanwald e tutti i possibili malintenzionati acquirenti. Superata questa prima paura, si cade nel baratro delle manie di possesso e delle crisi mistiche. Le quali, va detto chiaramente, vanno di pari passo. Perché sì, perché se all’inizio si vorrebbe comprare un intero discount di Sanwald, si è poi costretti a fare i conti col portafoglio e, contati i centesimi (ramini compresi) si finisce con l’accettare che sì, che se ne potranno pigliare al massimo due o tre. La realtà distrugge così ogni fantasia utopica, e si ringrazia il Santo protettore delle Birre Ignoranti per aver fatto sì che il miracolo venisse a compimento. Una musica in sottofondo sancisce il lieto evento. Il delirio mistico suggerisce siano canne d’organo. La realtà è che si tratta dell’ultima hit di Radio Penny Market (perché sì, fatevene una ragione: esiste Radio Penny Market), la quale ti invita a pagare in fretta e poi fuggire verso altri lidi. Dimentico della famiglia, delle convenzioni sociali e sentimentali. Dimentico della stanchezza, della Sbronza Ignorante della sera prima. Dimentico di Radio Penny Market, soprattutto. Solo tu. Tu e le tue Sanwald, ultimo baluardo prima del disfacimento endemico dell’universo. E poco importa se tutte queste frasi non vogliono dire nulla. Anche il nulla diventa Ignorante con una Sanwald in mano. Poi, uscito dal discount, la pacificante comprensione che sì, che per quanto male ci si possa volere, una Sanwald calda non ha senso di essere bevuta. A meno che non si sia il caro buon (ex) professor Dinkelacker il quale, immerso nei suoi deliri etilici, continua a lavorare al SPD (“Secondo Postulato di Dinkelacker”) ovvero la teoria secondo cui una Birra Ignorante è tale solo se bevuta calda. Fonti provenienti da Stuttgart ci dicono che il buon Dinkelacker si è gettato anima e corpo in questa ricerca, investendo tutti i suoi ultimi (esigui) risparmi nel tentativo di migliorare la vita a milioni di Bevitori Ignoranti. Buona fortuna, caro Dinkelacker, il mondo delle Birre Ignoranti è con te. Ora, però, non volermene se mi fermo al primo postulato, e la mia Birra Ignorante continuo a bermela fredda.

In ogni caso, la Sanwald è una buona Hefe Weizen tedesca, prodotta a Stoccarda con luppoli geneticamente modificati provenienti dai vecchi laboratori della DDR. Importati illegalmente tramite un seminascosto varco nel Muro di Berlino, suddetti luppoli garantivano (e garantiscono) alla Sanwald quel suo classico sapore di Blocco Sovietico, ben identificato dai fumi di scarico delle Trabant. Il grado alcolico della Sanwald (4,9°) e la sua freschezza e leggerezza la rendono ottima per pomeriggi al parco o grigliate tra amici, prestando ben attenzione a un consumo responsabile (ovvero finché è fresca, perché sennò potrebbe essere scambiata con uno sciroppo di avena allungato con dell’etanolo) e sostenuto. Il costo della lattina da 0,5 cl è di 59 centesimi di euro, e ciò la rende perfetta per acquisti massicci e insistiti. Soprattutto in virtù di quel suo bel colore giallo (che solo a vederlo ricorda i girasoli di Van Gogh), il quale la rende cromaticamente perfetta per essere accumulata e accatastata vuota ai lati di un ipotetico tavolo di una qualche concretissima Festa Ignorante.

Quindi Ein Prosit!, da Rostock a Stuttgart, passando per il Penny Market più vicino.

[A cura di Andrej Bakunin, in collaborazione con Birre Ignoranti]

by on 27 Aprile 2013

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