Arrendetevi, siamo asiatici.

 

Condimenti VITASIA: molte salse, molto onore.

sweet & spicy!

Cosa: Condimenti asiatici
Nome: Vitasia
Dove: Lidl
Costo: variabile

梅 Vs ゴジラ

Ad ottobre voglio tornare in Giappone. E questa volta ho una missione precisa da svolgere. Scrivere una sorta di seguito di Discount or Die, partendo dai prodotti dei kombini per poter poi raccontare usi, costumi, storia, tradizioni e aneddoti buffi del Paese del Sol Levante. Come? …è piuttosto semplice.

Qualche giorno fa leggevo il blog di una mia amica, nonché fornitrice dell’ultimo felino che è entrato a far parte della mia vita (lei, la micia, si chiama Ume, come la prugna-susina giapponese, ed è pazza e dolcissima). Dicevo…  lei, la Miss e il suo compagno sono due “istituzioni” varesine nel mondo del tattoo e sul suo blog, oltre a riportare le bellissime foto dei (bellissimi) lavori di Luigi, racconta -nel vero senso della parola- i soggetti. Perché è facile dire voglio un tatuaggio tradizionale giapponese, la carpetta, il pescegatto e due fiorelli di ciliegio “come omaggio alla tradizione giapponese”, o tatuarsi su tutta la schiena non so quale imprecisata divinità hindu solo perché è carina e decorativa. L’ultima volta che sono stata in Giappone ho visto un tizio piuttosto punk, piuttosto peso, decisamente ubriaco che aveva Gesù e la Madonna tatuati sui polpacci. Ecco, mi sono detta… stessa roba.

Ingraziamoci una non precisata divinità sgozzando bufali in Nepal

Prendere a cazzo roba vagamente “esotica”, appartenente a culture non nostre e svuotarle del proprio senso. No, che poi in un Mondo (il nostro) in cui si muore e si ammazza in nome di Dio (qualunque dio), dico io, prima di appendere icone fluorescenti di Shiva al tuo prossimo goa-party, magari fermati un secondo a riflettere. Ma a parte tutto ciò, che risulta oltremodo acido e da vecchia signora (son 2 settimane che ho smesso di fumare…) torniamo al blog della mia amica e torniamo a quella meravigliosa abitudine di “conoscere” e non voler mai smettere di imparare.

Prendiamo la birra Yebisu, per esempio. Birra giapponese, rivenduta nei migliori kombini del Paese, bevuta spesso e volentieri da me e il mio consorte in quegli ultimi giorni del viaggio nipponico, in cui, con la carta di credito bloccata, non potevamo permetterci nulla se non andare al parco Yoyogi e bere birra (“la birra fa pasto” Cit.) in mezzo agli alberi. Ottima birra, la birra Yebisu, ma non è di lei che devo parlare. Tutto questo serve per spiegare il mio prossimo progetto “letterario”, partendo per l’appunto dal blog della mia amica. No, perché mi lamento di chi si tatua il fior di loto e la dea Kalì a cazzo, ma pur io, in Giappone ho bevuto tanta di quella birra Yebisu, ma mai mi sono fermata a guardare il logo per esempio. Perché, se lo avessi fatto avrei visto un buffo ometto con un pescetto ed una canna da pesca sotto le braccia e mi sarei detta, magari: chi è quest’uomo buffo con pescetto e canna da pesca sotto i bracci, sopra la mia lattina di birra?

A questa domanda mi ha risposto il blog della Miss.

 

Ebisu talvolta trascritto come Yebisu, chiamato anche Hiruko è il dio giapponese dei pescatori, della buona sorte e dei mercanti nonché il guardiano della salute dei bambini piccoli. È una delle Sette Divinità della Fortuna ed il solo dei sette che ha origine giapponese.

Ebisu è una delle divinità maggiormente venerate in tutto il Giappone, in particolar modo dall’industria del pesce e dai villaggi di mare. Tradizionalmente indossa vestiti da campo o da pescatore e porta un alto cappello — il Kazaori Eboshi.
In una mano tiene una canna da pesca e sotto l’altro braccio tiene un grosso tai, un pesce simile all’orata.

Per conoscere il resto della storia, non vi rimane che andare qui.

Ecco, ho in mente di fare una cosa del genere. Comprare prodotti ai kombini, mangiare, bere (o lavarmi, deodorarmi, radermi) e recensire. Già da ora vi annuncio che NON proverò le tinte per capelli perché, come sappiamo, hanno nuances imbarazzanti.

Perché vi racconto questo? Perché ieri ho visto un bellissimo film, remake di un altrettanto bel film, che si chiama Hara Kiri (Death of a samurai) di Takashi Miike.

Ai titoli di coda (intanto che piagnevo come una disperata) ho detto questa frase: «Sì, è senza dubbio un film bellissimo, ma noi… ‘sta cosa dell’onore, tutti questi valori, il senso della dignità… insomma, non sono robe che possiamo comprendere» e al che il mio moroso ha detto: «E sì, e infatti dubito che verrà mai distribuito in Italia». Punto. E poi ho cominciato a giocare con la piccola Ume e ho smesso di pensare a quanto fosse orribile ciò che avevamo appena detto.

Ebbene… in un Paese di Santi (Berlusconi), Poeti (Bondi) e Navigatori (Schettino) -battuta non mia, l’ho letta su twitter – risulterebbe piuttosto difficile comprendere certi valori e quindi, forse, cazzo, sarebbe il caso di aprire un pochetto in nostri orizzonti. Come? Nulla, come il cibo, può essere ariete (o cavallo di Troia) di culture e società lontane e differenti. Ed è sempre stato così. Dopotutto se si dice che siamo quello che mangiamo, non può che risultare quasi elementare, conoscere una cultura attraverso il suo cibo. E perciò, diobò, andate alla Lidl e comprate tutti i prodotti Vitasia che trovate. Durante una delle ultime spedizioni ho beccato lo speciale Asia e ho fatto manbassa di tutto ciò che c’era nel settore “condimenti”:

Salsa di soia (Giappone), che vuol dire senza zucchero. Occhio al tappo che ha il foro d’apertura gigante, mica il buchetto di quella che trovate di solito al vostro wok di fiducia. Se andate giù troppo decisi, vi ritroverete la vostra pietanza sommersa nel Mar Nero.

Sweet Chili Sauce (Thailandia). Salsa agrodolce piccante. Come quella che ti danno quando prendi le robe fritte al cinese-giapponese. (costo 1,99€)

Curry Sauce. Ottima. Usata soprattutto per accompagnare il riso. Anzi… semmai il contrario. …è il riso ad accompagnare tutte cose.

Oriental Salad (Cina). Cioè verdurine tipo (forse un po’ troppi) germogli di soia, carotine, funghetti e quelle robe lì, tagliati alla julienne. Pronte pronte per essere mischiate a spaghetti di riso, gnocchi di riso, spaghetti di soia ecc. ecc. E darti una botta di Asia senza neanche lo sbattimento di pelare una carota.

Satay Sauce (Thailandia). Salsina a base di arachidi che avevo già assaggiato e apprezzato in precedenza, rispetto a quella contenuta nel mix pronto Bami e Nasi Goreng (che però era una specialità indonesiana), questa salsa Satay thailandese risulta un pochetto più amarognola. Ma comunque ottima. Oltre che vegan-friendly. No, che poi, ora che ci penso… mi sa che tutto ciò che ho preso è vegan-friendly. Vado a controllare la salsa al curry. Troppo tardi. …è finita.

I prezzi. Perché se questi prodotti sono su questo blog, si presume costino poco. E si presuppone pure che io dia delle informazioni vagamente precise. Beh, si è presupposto male. Cioè… i prodotti di sicuro costano poco (ricordo solo 1,99 € per la bottigliona da 290 ml di Sweet Chili Sauce). Si presupponeva male, quando si paensava che io avrei potuto dare informazioni certe o come minimo, vagamente utili. No. Niente di tutto ciò. Ho perso lo scontrino.

Ah, quasi tutti prodotti Vitasia hanno una simpatica “codifica” di piccantezza. Sull’etichetta potrete capire quanto è piccante ciò che andate a consumare in base al numero di peperoncini colorati sulla confezione. Badate bene, che gli asiatici in quanto a piccantezza se la contendono con gli amici calabresi. Discounter avvisato… discounter avvisato.

Ed io pur consumando parecchi prodotti asiatici (col dashi in scadenza, ho fatto una settimana a mangiar tutti i giorni brodo bollente. E siamo a Luglio) e guardo parecchi film asiatici, di onore e dignità non è ho comunque molta e quindi, vi faccio notare che in fondo alla homepage di questo blog, c’è una finestrella che dice “Supporta D.O.D”, che sta a significare “fai una donazione, mandami in Giappone”.


DOD CONSIGLIA:

by on 13 Luglio 2012
Valeria nasce un lunedì di pioggia del novembre del 1982 a Varese. Diventa "Valeria Disagio" sull'orlo estremo tra l'adolescenza e l'età adulta. Ha esordito giovanissima con il romanzo "Casseur: la lotta, l'ebbrezza e la Città Giardino". Poi ha perso parecchio tempo nella precarietà del lavoro e nell'inquietudine politica. Ha scritto molti racconti, pamphlet e poesie. Nel 2019 sono usciti i due romanzi "I mortificatori" per Agenzia X e "Brucia le vecchia" edito da Bookabook. Ha gestito un blog - da cui è nato il libro "Discount or die" edito dalla Nottetempo - ha curato fanzine, cantato e sbraitato. Ha intenzione di continuare a fare tutto questo.

About Valeria Disagio

Valeria nasce un lunedì di pioggia del novembre del 1982 a Varese. Diventa "Valeria Disagio" sull'orlo estremo tra l'adolescenza e l'età adulta. Ha esordito giovanissima con il romanzo "Casseur: la lotta, l'ebbrezza e la Città Giardino". Poi ha perso parecchio tempo nella precarietà del lavoro e nell'inquietudine politica. Ha scritto molti racconti, pamphlet e poesie. Nel 2019 sono usciti i due romanzi "I mortificatori" per Agenzia X e "Brucia le vecchia" edito da Bookabook. Ha gestito un blog - da cui è nato il libro "Discount or die" edito dalla Nottetempo - ha curato fanzine, cantato e sbraitato. Ha intenzione di continuare a fare tutto questo.

View all posts by Valeria Disagio

Lascia un commento